Il Tempo di qualche giorno fa riporta, in merito alle manifestazioni studentesche degli ultimi giorni, uno degli scritti più forti di Pier Paolo Pasolini (PPP), datato 16 giugno 1968, che riguarda le proteste che in quell'anno investirono la facoltà di Architettura dell'Università La Sapienza di Roma. Pasolini mette in luce, in maniera insieme lucida e poetica, una contraddizione tra chi protestava pur facendo parte della borghesia (gli studenti) e chi reprimeva la protesta pur facendo parte del proletariato (i poliziotti). Tra i due schieramenti l'autore sceglie i proletari, additando gli studenti di essere dei figli di papà. Un'accusa del genere portata avanti proprio da Pasolini va contestualizzata, oggi, molto cautamente per essere compresa, ma sul Tempo questo passaggio manca completamente. Non voglio insinuare che il testo sia stato pubblicato senza essere compreso, ma ho il forte sospetto che sia stato pubblicato senza essere stato letto.
Diamo voce ai nostri "pensieri rampanti", come fossero frutti acerbi ancora appesi all'albero, in attesa di cadere.
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martedì 7 dicembre 2010
martedì 2 novembre 2010
Meglio Pasolini...
«È una storia un po' sputtanata», avrebbe detto qualcuno: esattamente a trentacinque anni dalla morte di uno dei più grandi profeti laici che questo paese piange, ecco farsi grave il peso delle sue parole. «La società consumistica ha bisogno di uomini deboli, perciò lussuriosi», scriveva Pasolini su "Il Mondo" del 28 agosto 1975; gli fa eco l'ignobile battuta omofoba del nostro Presidente del Consiglio che, pronunciata oggi, anniversario del delitto di Ostia, ha un sapore amaro. La stessa battuta serpeggia nei vicoli, in strada, tra chi si riconosce in questo stile di vita, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di gridarla. Adesso finalmente il disgusto ha un'etichetta visibile e riconoscibile, quella che Pasolini attribuiva alla "Piccola Borghesia", regno dell'ipocrisia e della doppia morale, mascherata di innovazione e progressismo. «Bisogna essere progressisti in un altro modo», tuonava dalle colonne del Corriere della Sera il 18 ottobre 1975, «inventare una nuova maniera di essere liberi», soprattutto dalla retorica della tolleranza e del progresso, ammettendo «il fallimento della tolleranza». Parole forti, difficili da comprendere per chi non impara a leggere storicamente le vicende di questo paese dalla memoria corta. Pasolini proseguiva sottolineando che «imparare un po' di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una cultura storica».
Allora oggi ricordiamoci della storia di questo paese, fatta di eventi e personaggi torbidi. Ricordiamoci di chi dal torbido ha tirato fuori perle, prima di restarvi invischiato. «Tutto passa e il resto va».
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