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giovedì 24 maggio 2012

Io (non) ho paura

Sabato la drammatica vicenda di Brindisi ha richiamato in piazza migliaia di persone in tutta Italia. A Roma l'atmosfera che si respirava era strana, di gente attonita e commossa che aveva solo voglia di stringersi idealmente attorno ad una famiglia straziata. In realtà non era ben chiaro perché fossimo lì, né se fosse davvero così necessario. Ci poteva essere un senso spirituale, di raccoglimento e di vicinanza umana... ma la piazza era politica, non religiosa. Certo, la piazza è stata un'occasione per ribadire l'urgenza di occuparsi della scuola e di prendersi cura dei nostri ragazzi. Tuttavia non si sapeva a chi gridare il nostro "mai più".


Le voci correvano sommesse tra i presenti, perché un attentato del genere sembrava strano a tutti. Mafia? Se deve uccidere bambini, sceglie vie meno appariscenti. Terrorismo? Nome generico, comunque in Italia chi attua violenza di matrice politica sa che ha bisogno della scuola e non la colpisce. Violenza di Stato? Argomento spinoso, ma finora quando lo Stato ha ucciso non si è mai accontentato di una vita sola. Un grido echeggiava più di ogni altro: "noi non abbiamo paura". È vero, perché la paura ci rende succubi, sudditi, docili. Ma è anche vero che chi non ha paura rischia di sottovalutare il pericolo.
Allora eccomi qua a ribadire la mia paura. Ho paura di ciò che non comprendo, di ciò che apparentemente non ha senso; perché un attentato è riconoscibile, comprensibile, per quanto odioso possa essere; un atto di un folle no. Ho paura che dietro un episodio possa esserci una trama fittissima, inestricabile di concause che non riuscirò mai a dipanare.
Chi ha armato quella mano? Chi le ha dato l'idea? Stiamo molto attenti alle risposte che vengono date, perché potrebbero fare davvero molta paura; potrebbero persino coinvolgerci come "società". Se si tratta davvero del gesto di un pazzo, allora devo chiedermi cosa ha generato la sua pazzia, cosa ha azionato i meccanismi della mente che gli hanno ordinato di agire in maniera così violenta contro delle ragazzine. Che si sia trattato di una sorta di follia giustizialista, in stile Breivik? Che sia stato un delitto passionale, com'è stato definito? In ogni caso una pazzia non nasce dal nulla, ma da una storia: allora bisognerà prima o poi indagarla, se davvero si vuole che certi eventi orribili non si ripetano.

Ancora, ci sono paure più sottili che mi attanagliano e dalle quali non riesco a liberarmi. Ho paura delle strumentalizzazioni, perché un atto senza paternità può essere arbitrariamente attribuito a chiunque, da chi parla di stragismo o da chi collega atti violenti alle legittime critiche che vengono rivolte contro lo stato. Come resistere alla tentazione di mettere sullo stesso piano dell'attentato le parole di fuoco di chi critica il sistema?
Ho paura di chi dice di doverci riunire e stringere attorno alle forze democratiche. Ho paura che si faccia leva sulla paura popolare per rafforzare i controlli. Non dimentichiamo che fu in nome della paura che l'America, la "civilissima" America, che vedeva nella libertà personale la massima espressione dei diritti dell'uomo, deliberò il Patriot Act. Fu in nome della paura che venne dichiarata una guerra, che in realtà non aveva altro obbiettivo che il petrolio.
Io ho paura: non una paura irrazionale che mi fa cadere nella rete di chi vuole controllarmi, ma una paura razionale, una preoccupazione, un campanello d'allarme che suona nella mia testa e che mi mette in guardia da tutta una serie di pericoli. Non voglio fare a meno della mia paura, perché mi dà la dimensione di quanto sia successo veramente, ma non voglio neanche fermarmi a questo e farmi paralizzare dal panico. Voglio che la mia paura mi porti a capire meglio le cose, non a chiudere gli occhi, anche se davanti ad accadimenti dolorosi. Voglio che la mia paura diventi consapevolezza e finalmente coraggio, per cercare qualche risposta, nel paese delle domande perennemente aperte.

2 commenti:

  1. Sì, è vero, c'è da aver paura proprio per i motivi che tu indichi. Io però sono portata a pensare che l'unica difesa che abbiamo sia proprio stringersi attorno alle forze democratiche, unico, vulnerabile baluardo del nostro vivere insieme. Come mi sono trovata a dire a scuola, durante l'assemblea sui fatti di Brindisi, la democrazia non è un veicolo con il pilota automatico, ma piuttosto somiglia ad una bicicletta: bisogna pedalare per farla andare avanti, sennò ci si ferma e poi si cade rovinosamente a terra.

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    1. Proprio per questo è importante stare all'erta: stringersi attorno agli strumenti democratici significa farli propri, rendersi attivi; non delegarli ad altri. La lotta ai comportamenti violenti (mafia, terrorismo, delitti...) passa necessariamente attraverso la costruzione di una società più equa; ma non è lo stato a dover costruire una società, è la società che deve impegnarsi a costruire lo stato...

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