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sabato 2 luglio 2011

C.S., ritratto di un insegnante

"Invece di raccogliere e pubblicare le perle dei somari che suscitano l'ilarità di tante aule professori, bisognerebbe scrivere un'antologia dei bravi insegnanti. La letteratura non manca di simili testimonianze. [...] Se, oltre ai maestri celebri, l'antologia offrisse il ritratto dell'insegnante indimenticabile che quasi tutti abbiamo incontrato a un certo punto del nostro percorso scolastico, forse ne trarremmo qualche lume sulle doti necessarie alla pratica di questo strano mestiere".

Così scrive Daniel Pennac nel suo illuminante "Diario di scuola", e mentre lo leggevo stamane, tra i sobbalzi dell'autobus, chiara si è stagliata nella mia mente la figura di un insegnate, C.S., che più di ogni altro mi ha segnato la crescita.
Nel mio percorso di studi ho avuto la fortuna di incontrare molti insegnanti bravi, uomini e donne, dalle elementari all'università; di ciascuno di loro conservo un ricordo geloso. Tuttavia l'impronta che nel bene e nel male mi ha lasciato C.S. è impressa dentro me più di ogni altra. A lui devo la mia capacità di ragionare, da lui ho imparato le lezioni più grandi e da lui ho subito le più grandi umiliazioni che io possa ricordare della mia giovinezza. Ora che anche io mi diletto di insegnamento è a lui che penso, più o meno volontariamente, non appena entro in classe. È imprinting: ormai è così.


Chi era C.S.? Non esagero se dico che era uno stronzo! Né credo sia migliorato negli anni... Sia chiaro, lo dico in senso letterale, senza alcuna benevolenza. Era una di quelle persone a cui è difficile affezionarsi. Severo, rigoroso nei metodi e nel giudizio. Consapevole della propria superiorità, la sbatteva sempre in faccia a noi studenti, come fosse l'unico parametro per la nostra crescita scolastica. Con gli occhi maliziosi di adulto direi che poteva esserci persino un sentimento di rivalsa da parte sua, se non addirittura di competizione con noi. Non lo saprò mai. Certo è che nelle sue lezioni aleggiava sempre il fantasma del suo anziano professore di ginnasio, le cui perle di severità venivano snocciolate davanti ai nostri sguardi intimoriti e rivolte contro di noi. Probabilmente erano le stesse che avevano intimorito lui studente.
Così, da una settimana all'altra ci trovavamo a dover studiare a memoria centoventi paradigmi di verbi greci, da salmodiare poi con disinvoltura e sicurezza davanti alla classe; dovevamo ricordare non solo le regole e le eccezioni della grammatica greca e latina, ma anche le eccezioni di eccezione, che puntualmente venivano valutate per via scritta ed orale. Come se non bastasse, C.S. ci ricordava quanto fosse stato ben più esigente nella scuola in cui aveva insegnato l'anno prima, solo per farci sentire sempre più piccoli!
Non era crudele, questo no. Non era di quelli che si divertono ad impaurire gli studenti. Ciò che lo differenziava da tanti insegnanti sadici era la qualità: semplicemente era bravo.
Era meticoloso, spiegava con passione e capacità, tanto da saper materializzare i grandi eventi della storia latina e greca in un paio d'ore. Infarciva le sue dotte spiegazioni di aneddoti e curiosità, di modi di dire strampalati. Spiegava alla lavagna coi gessetti colorati, per farci comprendere meglio; cercava nuovi metodi per spiegare e valutare. Oltre questo ci offriva un modello di valori di riferimento, basato sul lavoro duro e sul senso critico. Pretendeva molto dando moltissimo e non si poteva fare a meno di ricercarne la stima, l'approvazione.
La sua potenza era nello sguardo. I suoi occhi fiammeggianti potevano far trasparire un cenno di approvazione, o addirittura un sorriso, che ti riempivano di autostima, se quello che avevi fatto andava bene. Se però il compito era svolto male o, peggio, con leggerezza allora il disprezzo che comunicava con gli occhi era quasi tangibile. Ricorderò per sempre il modo in cui mi gettò sul banco un compito malfatto, che segnò una delle più grandi umiliazioni e una delle più grandi lezioni che abbia ricevuto.
Dopo il ginnasio non avemmo più rapporti, anche perché venne trasferito altrove, dove credo insegni tutt'ora. Di lui mi restano il metodo di studio, che mi è stato utile fino all'università, il senso critico, la capacità di ragionamento e qualche frase ad effetto da riproporre ai miei studenti!
Che fosse l'insegnante perfetto? In grado di dissolversi lasciando solo la sua impronta didattica. Sicuramente è la persona che non vorresti mai più rincontrare; ma che non scorderai mai.

P.S. Se qualcuno conosce il francese è invitato a tradurre questo ritratto e ad inviarlo a Pennac. Chissà che non possa essere l'idea per un nuovo libro, che permetta anche a noi italiani di rivalutare questa bistrattata figura professionale!

3 commenti:

  1. Ciao Dany..siamo qui insieme e già ho commentato il tuo pezzo, ma scripta manent!
    Conosco bene il nostro C.S. ma "siccome che" io ero piuttosto brava al ginnasio, riuscivo a leggere le poesie fino in fondo..E cmq episodi tragicomici come questo fanno crescere e rimangono negli annali delle nostre menti e delle nostre esperienze adolescenziali...un bacione..Chiara.

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  2. "pretendeva molto dando moltissimo". Grazie Cosimo, dell'intero articolo e di questa frase. Questa settimana comincia un nuovo anno.. che sia per tutti noi davvero all'insegna della qualità. Meta_vale (Polito)

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  3. È la qualità che ricerco in un insegnante: esigente ma ancora di più capace di donare la propria ricchezza. Tutti gli insegnanti di cui ho buona memoria riuscivano in questo, e spero che anche noi, che timidamente ci affacciamo a questo straordinario e complesso pianeta lavorativo, riusciamo a fare/dare lo stesso.
    Che sia davvero un anno all'insegna della qualità!

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