Diamo voce ai nostri "pensieri rampanti", come fossero frutti acerbi ancora appesi all'albero, in attesa di cadere.

sabato 23 luglio 2011

Dolore e preoccupazione in memoria di un ragazzo

Dieci anni fa un ragazzo veniva ucciso in Italia in una condizione di totale sospensione della legalità. Anche oggi come allora la soverchiante drammaticità degli eventi internazionali rischia di cancellare il ricordo di un evento doloroso e pericoloso.
Doloroso per la perdita di una vita giovane. Pericoloso per l'idea di Stato che è stata trasmessa, in cui coloro che gestiscono la legalità siano gli unici cui sia consentito modificarne arbitrariamente i parametri.
Doloroso per l'infrangersi di un'idea di lotta. Pericoloso perché si è imposta in quel momento un'idea di Europa che tutela i più forti a scapito dei più deboli; un'idea che stiamo scontando con le crisi nazionali dei paesi meno avanzati (Grecia, Portogallo, Irlanda...).
Doloroso per l'accanimento contro gli inermi. Pericoloso perché si è esasperata una contrapposizione tra Stato e cittadini che sembrava relegata agli anni di piombo.
Doloroso per la sconfitta di un'idea solidale e pacifica di Stato. Pericoloso perché chi ha gestito la legalità in Italia in questi dieci anni non ha fatto altro che modificarla a proprio vantaggio.
Dieci anni fa un ragazzo veniva ucciso, durante un evento che ha aperto il millennio appena prima dell'attacco alle Torri.
Da allora molto è cambiato, nei movimenti e nella gestione degli eventi, nelle idee e nella gente. Da allora stiamo raccogliendo ancora i pezzi di una manifestazione che ha lasciato molte ferite nella pelle e molte di più nei pensieri.

Si dice che il seme non muoia senza dare frutti: per adesso si vede solo qualche timido germoglio, ma la speranza è ancora lontana.


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