Diamo voce ai nostri "pensieri rampanti", come fossero frutti acerbi ancora appesi all'albero, in attesa di cadere.
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mercoledì 8 marzo 2017

Auguri perché?

Rivendico il mio diritto di fare gli auguri per l'otto marzo alle donne che incontro tutti i giorni e che conosco. Non per luogo comune, ma perché viviamo in un paese in cui troppo spesso le donne vengono discriminate proprio in quanto donne: sul lavoro, in famiglia o per strada. Viviamo in un paese in cui l'opinione comune viene influenzata da un finto femminismo sui generis, in cui il corpo femminile è ancora più che mai trattato come un oggetto da affittare, noleggiare, vendere, comprare, usare, guardare, giudicare... il tutto a prescindere dalla libertà di scelta della legittima proprietaria, la quale però talvolta rivendica una presunta libertà di farsi affittare, noleggiare, vendere, giudicare, ecc.
Viviamo in un mondo che si divide tra paesi che obbligano le donne a coprirsi e paesi che le obbligano a scoprirsi; ma sono pochi i paesi in cui le donne sono libere di vestirsi come vogliono ed essere trattate da persone, senza necessariamente un'etichetta.
Viviamo in un paese in cui una donna che studi fisica o chimica è guardata come una chimera, o che si sente ripetere fin dalla scuola primaria che la matematica non è roba da femmine. Nel nostro paese, se una ragazza decide di intraprendere la tortuosa strada della ricerca universitaria, puntualmente si sente sottolineare dal professore (uomo) che a 25 anni sta compiendo una scelta di non avere figli e non costruire una famiglia (commento un uomo non riceve).
Viviamo in un paese in cui «Mio marito se non lo vesto io si mette due calzini di colore diverso»...

Siccome questi problemi li affronto non solo oggi ma tutti i giorni dell'anno, anche cercando sensibilizzare i ragazzi con cui lavoro; siccome per queste cose mi incazzo e sto male, perché toccano persone a me vicine; siccome se dipendesse da me selezionerei le persone in base al loro valore, non in base alla loro produttività o alla loro appartenenza a una qualche categoria; siccome questa festa nasce per invocare eguali diritti per uomini e donne, obiettivo oggi ancora lontano; per questo trovo giusto dedicare almeno un giorno l'anno ad approfondire questi temi con particolare attenzione.

Quindi rivendico il diritto di fare gli auguri alle donne in quanto donne, perché sono troppe coloro che almeno una volta nella vita sono state costrette a pensare con rabbia: «Ah, se fossi nata uomo!».

giovedì 8 marzo 2012

Però mi vuole bene... da morir! (auguri per l'8 Marzo)

Stamattina in classe ho spiegato brevemente che cosa si celebra l'8 marzo (per fortuna qualcuno lo sapeva bene) e perché è importante celebrarlo nel 2012. Dopo aver porto i miei auguri alle studentesse, ho menzionato la questione dei diritti delle lavoratrici e del diritto della donna a non subire alcun tipo di violenza, argomenti che hanno suscitato interesse nei miei studenti (soprattutto nelle ragazze). Intavolare un discorso sulla "questione femminile" nel suo complesso sarebbe stato certamente più interessante, ma al di sopra delle mie possibilità.
«A proposito», tuona cinicamente Vera, dalle righe del romanzo "Che fare?", «che significa questa femminilità? Capisco che le donne parlino a voce di contralto e gli uomini da baritono. E con ciò? Poi perché tutti ci ripetono ad ogni poco di serbare la nostra femminilità? Mi pare una sciocchezza.» In tempi in cui l'8 marzo si festeggia senza celebrarlo, la domanda è più che mai lecita, ed è alla base di quante (come alcune mie colleghe) non hanno alcun piacere a che un uomo porga loro gli auguri. Qualche capitolo più in là, Vera sottolinea: «Non mi piace che alle donne si baci la mano. [...] Perché è un'offesa che ci si fa, una specie di degnazione, quasi che l'uomo dicesse: io sono tanto più in alto di voi, che non credo di abbassarmi con questa formalità cortigianesca». Allora, per non trasformare in formale baciamano i miei auguri, provo a raccontare lo spirito che mi anima nel porli a chi mi legge.

mercoledì 6 luglio 2011

Fermandosi alle strisce...


Ben trovati/e cari Lettori e care Lettrici. Qui è il Vostro devotissimo Medardo di Terralba che Vi scrive. Dopo un paio di parentesi un po' più personali (che non vuol dire autobiografiche) con cui spero di non averVi annoiato nei mesi scorsi, oggi sono qui per parlarVi di un argomento impegnato e di grande rilevanza sociale: l'attraversamento delle strisce pedonali. Che?! Direte Voi. Ma che importanza può avere un tale argomento con tutti i casini che ci sono oggi nel nostro caro bel paese? Non sarebbe forse meglio affrontare temi più attuali come il nucleare, l'acqua, la violenza delle forze dell'ordine su cittadini e cittadine che non vogliono lo scempio del territorio su cui vivono o chi più ne ha più ne metta? Bhe, lasciatemi spiegare, perché secondo me la situazione dell'attraversamento delle strisce pedonali può essere emblematica di tutte queste cose assolutamente importanti di cui Voi sicuramente vorreste sentir parlare. Ma andiamo con ordine.
Forse tutti i Lettori e tutte le Lettrici si aspetteranno che io, essendo un Visconte, vada in giro in groppa ad un bello stallone di razza, con sella, briglie e tutto il resto. In verità, e mi dispiace deludere tanta gente, questo non è affatto vero. Certo qualche cavallo sotto il sedere ce l'avrò, ma non ho proprio idea di quanti ne possa sviluppare il mio scooter, sulla cui groppa scorazzo da circa tre anni in giro per questa città.
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