Diamo voce ai nostri "pensieri rampanti", come fossero frutti acerbi ancora appesi all'albero, in attesa di cadere.

giovedì 26 marzo 2020

Di spazio e di tempo, ai tempi del Coronavirus


In uno spazio sospeso tra l’attività e il riposo è il tempo, sovrabbondante e insufficiente, ad entrare in una dimensione ambigua, in transito verso una meta incerta: è un tempo di attesa.

È un tempo sospeso ma sovraccarico, di lontananza e vicinanza, di rapporti e solitudini. È un tempo di relazioni virtuali, chiacchiere disturbate, immagini disturbanti, sguardi sfuggenti (guardo il monitor o la fotocamera?), tocchi immaginati, simulati, senza profumi, senza sapori. È un tempo di concentrazione distratta, di parole vuote, di suggestioni. È un tempo di attesa.

È un tempo dominato dalla tecnica di dispositivi insostituibili, ineludibili, inadeguati. È un tempo di batterie scariche, di connessioni instabili, notifiche, squilli, vibrazioni, portali inaffidabili, inefficienti, insicuri. È un tempo di visualizzazioni sfocate, pixelate, sgranate, di audio interrotti, voci tremolanti, singhiozzi finti, generati da problemi di trasmissione, di ritardi, di immagini bloccate. È un tempo di persone irraggiungibili, indisponibili, inarrivabili, immobili, inquiete. È un tempo di attesa.

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