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domenica 9 gennaio 2022

Aria di famiglia

Sono pochi i nomi che entrano nella Storia, e non molte le persone che possono vantare di discendere da loro. La storiografia che tramandiamo del resto è molto più legata a eventi, episodi, battaglie e soprattutto singoli personaggi, piuttosto che ai processi storici e ai movimenti di massa, perciò è naturale pensare che la Storia sia responsabilità solo di alcuni. In più, il modo in cui ne parliamo ci fa idealizzare i protagonisti facendoceli apparire come buoni eroi o come campioni del male, che hanno operato isolati dal proprio contesto. 

Nella realtà non funziona proprio così.


Eppure nella crisi delle grandi narrazioni e delle grandi ideologie che stiamo vivendo, per qualcuno il discorso vale ancora: si attaccano all’idea che si sono fatti di quei protagonisti, senza porsi domande sulle cause e soprattutto le conseguenze delle loro azioni. Ma vi siete mai chiesti cosa c’è dietro le grandi decisioni del passato? Vi siete chiesti come vi sareste comportati se foste vissuti nei vari contesti che studiamo sui libri? Raccontare la Storia serve a non ripetere gli stessi errori, ci viene detto, ma questo è possibile solo se sul passato abbiamo un occhio critico e attivo. Se è vero che «la Storia siamo noi», come ammoniva Francesco De Gregori, «nessuno si senta escluso»!

Ecco che allora il discorso si allarga, perché non solo ci rendiamo conto di essere noi stessi immersi nella storia presente (difficile, certo, da decifrare), ma anche di discendere da persone che hanno preso parte alla Storia passata e che, nel loro piccolo, l’hanno costruita, più o meno consapevolmente. A loro che la vivevano magari sembrava poca cosa, ma nel passato drammatico del nostro paese a volte compiere una scelta piuttosto che un’altra poteva significare davvero molto, ed avere ripercussioni sulle generazioni successive. È stato così ai tempi del fascismo, quando disobbedire ha avuto significati diversi e diametralmente opposti nell’arco di vent’anni. La disobbedienza violenta e conformista, che ha portato frange ribelli al potere con la forza del sopruso, ha favorito l’imporsi di un regime; via via che la dittatura diventava più feroce, disobbedire, nel piccolo della propria famiglia o nel grande delle formazioni partigiane, ha significato resistere, per abbattere finalmente il regime.

Il movimento di resistenza ha avuto sfaccettature molto diverse, coinvolgendo anche chi non sapeva di starci dentro. Ce lo mostra Maria Chiara Gianolla, raccontando i suoi antenati in appendice al suo graphic novel “A Black Carol: a ghost story of Fascism” (Momo edizioni, 2021): qualcuno apertamente antifascista, che ha ingurgitato olio di ricino e rischiato la vita in azioni partigiane, qualcuno che ha maturato una posizione di opposizione al regime vivendolo da dentro, qualcuno infine semplicemente così fieramente attaccato alla sua autonomia da rifiutare semplicemente di tesserarsi, dando poi rifugio di tanto in tanto a soldati sperduti e spauriti dell’una o dell’altra parte.

Una bella fotografia, insomma, che racconta di un’Italia piccola e anonima, che però non solo ha contribuito a scrivere una pagina di Storia, ma che -potremmo dire- si è come vaccinata ideologicamente (dando come frutto la Costituzione repubblicana), perché grazie al suo esempio potessimo difenderci dal fascismo di ieri, di oggi e di domani. Maria Chiara con il suo lavoro interpreta la voce di questi tre fantasmi, per aiutarci a riconoscerli nel nostro quotidiano e permetterci di prendere una posizione, diventando a nostra volta protagonisti della Storia. Un’opera preziosissima di questi tempi.

Io ne sono particolarmente felice, poiché, come diceva Clint Eastwood a chiosa di un capolavoro del cinema, «c’è aria di famiglia in quella fotografia». Rispondo continuando la citazione: «succede, a volte, tra fratello e sorella!».

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