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sabato 25 gennaio 2014

La cultura della cultura

«A professo', ma a me che me serve 'a storia dell'arte?» Mi chiedeva l'anno scorso una studentessa che di terza media. Difficile far comprendere la bellezza della bellezza ad una persona abituata a passare i pomeriggi tra la piccola piazzetta ed il grande centro commerciale. Persone per cui piazza di Spagna è quella «'ndo sta er Mec (Mc Donald's)» e via del Corso è quella dei grandi marchi globalizzati. Eppure, tra tutte le città d'Italia, Roma, quella da cui scrivo, dovrebbe essere la più sensibile alla valorizzazione dell'arte ed allo sviluppo di una cultura della cultura.


Non è assurdo che nel paese che ospita il maggior numero di siti riconosciuti dall'UNESCO (distribuiti tra Italia, Santa Sede e San Marino), in uno dei paesi a maggior concentrazione di opere d'arte per chilometro quadrato, in un paese in cui non si riesce a fare uno scavo senza incappare in un opus reticulatum o nel tracciato antico di una qualche via consolare, si sia bandita dall'insegnamento scolastico proprio la storia dell'arte?
Per fortuna c'è chi si sta mobilitando tra quei silenziosi lavoratori che custodiscono i nostri tesori e le informazioni ad essi collegate, gli storici dell'arte e gli archivisti. Ma la lotta è ancora lunga, e non può non procedere su un doppio livello: nazionale e locale.

Vivo in un quartiere piuttosto periferico, che solo trent'anni fa era ancora borgata. Adesso è denso e popoloso, a cavallo tra due grandi vie di comunicazione, Nomentana e Tiburtina. Nel tempo abbiamo visto sorgere molti servizi economici, ma pochi culturali Del resto la zona è sempre stata abitata da gente tendenzialmente poco sensibile a tali questioni. Intendiamoci, indietreggiando di venti, trenta o quaranta anni, si incontra una borgata pasoliniana, in cui la condizione di povertà economica e culturale non è mai stata legata a quella crassa ignoranza ostentata dall'attuale classe medio borghese che la abita! Al contrario, il nucleo storico del quartiere (soprattutto nelle zone più popolari) si è sempre lasciato coinvolgere dalle sparute attività culturali e politiche. La scarsa sensibilità culturale è incentivata soprattutto dagli interessi politici ed economici.
Peccato perché il territorio è ricco sia da un punto di vista naturalistico che culturale. Ospita un intreccio di tre parchi naturali, custodi di un'ampia biodiversità e di preziosi reperti paleontologici, inoltre nel quartiere sorge un castello rinascimentale (legato alla vicenda storica della congiura de' Pazzi) e numerose costruzioni legate allo sfruttamento agricolo dell'ormai scomparso agro romano. Tutto questo patrimonio non si gestisce da solo, ma dovrebbe essere affidato ad esperti, afferenti a poli culturali specializzati del territorio, che possano lavorare in sinergia. Non è esattamente così. Alcune strutture ci sono, ma sono lungi dal lavorare serenamente e in rete.
- Villa Farinacci: un'antica struttura che ospitava negli anni '90 un centro sociale autogestito, riferimento per molti ragazzi del quartiere. Dopo l'inevitabile sgombero, la struttura è stata restaurata e destinata ad uso biblioteca. È pronta da almeno tre anni e non è mai stata aperta.
- La Torre: uno dei casali del parco è stato occupato dai ragazzi allontanati da Villa Farinacci. Grazie alle loro attività culturali e sociali, il centro è diventato negli anni punto di riferimento nel quartiere. Non esisterebbe senza l'iniziale azione illegale e il successivo autofinanziamento.
- Cinema-teatro Gerini: la struttura è parte di un possedimento lasciato in eredità dalla famiglia Gerini ai religiosi Salesiani che gestiscono l'omonima scuola professionale. A causa di diatribe sull'eredità, il locale (grande e ben costruito) giace inutilizzato da anni, dopo una fervida attività. Al momento è occupato da lavoratori dello spettacolo che nutrono la speranza di liberarlo e restituirlo al territorio!
Centro di Cultura Ecologica: si tratta di una biblioteca attiva e funzionante, fulcro di numerose iniziative di stampo naturalistico ed ambientale. Esiste da meno di dieci anni e già deve lottare per la sopravvivenza, messa a repentaglio da diverse azioni legali e politiche mirate alla sua chiusura da parte del Comune , lo stesso che diede la concessione per il suo utilizzo!
- Casali nel parco di Aguzzano: bellissime ed antiche strutture agricole, ora in stato di completo abbandono. Alcuni sono stati affidati a cooperative ma sono inutilizzati. Uno di essi è stato occupato e riesce ad essere un piccolo centro di aggregazione, ma è ancora una realtà molto piccola.
- Centro Visite della Riserva Naturale della Valle dell'Aniene: piccola struttura che gestisce alcune limitate attività culturali legate al parco, soprattutto in collaborazione con scuole. Si regge praticamente soltanto su volontari.
- Museoarcheologico e paleontologico di Casal de' Pazzi: piccolo museo, molto importante, aperto solo su appuntamento.

Realtà piccole, scollegate, a volte non funzionanti, che devono arrangiarsi autonomamente, spesso al limite della legalità, per promuovere attività. Perché?
Un'amica ha un banco di dolciumi nel mercato rionale. Essendo la struttura del Comune, non può mettere mano al tetto, da cui piove acqua, ma il Comune non ha i fondi per ristrutturare l'edificio. In altre parole, se non fa nulla rischia la chiusura, se agisce autonomamente rischia ugualmente la chiusura! Come si può vivere attivamente in un sistema amministrato in questa maniera?

O voi che leggete queste parole, indignatevi, informatevi, agite. Difendete le strutture che offrono servizi al territorio, spalleggiate i movimenti di protesta che nascono spontanei: sappiate che dietro ogni iniziativa proposta, per quanto piccola, c'è un'ardua battaglia che è andata a buon fine.

1 commento:

  1. l'aspetto avvilente è che i problemi aumentano costantemente mentre gli enti pubblici sono sempre meno in grado di intervenire; l'aspetto positivo è che c'è una mobilitazione costante dei cittadini (per es. i comitati di quartiere) che spesso recuperano e rendono fruibili spazi abbandonati e/o fatiscenti...
    monna lisa

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