Diamo voce ai nostri "pensieri rampanti", come fossero frutti acerbi ancora appesi all'albero, in attesa di cadere.

mercoledì 23 novembre 2011

Qualcosa di molto vivo e vicino

«L'autorità non aveva che da difendere, in nome di signori lontani ed invisibili, cose altrettanto invisibili e lontane, mentre K. lottava per qualcosa di molto vivo e vicino. [...]
In questo modo poteva ben accadere che un bel giorno, nonostante la cortesia dell'autorità e il totale adempimento di tutti i suoi doveri esageratamente lievi, egli, illuso dal favore che in apparenza gli si dimostrava, regolasse la sua vita privata con tanta imprudenza da fallire in pieno, così che l'autorità, con la solita dolcezza e cortesia, quasi a malincuore ma in nome di un ordine pubblico a lui ignoto, fosse costretta a toglierlo di mezzo».

Certo, dopo una delusione lavorativa, rifugiarsi ne “Il Castello” di Franz Kafka non è proprio la scelta più rassicurante! Ma nulla come la scuola italiana in questo momento mi fa venire in mente i tortuosi percorsi del labirintico villaggio e l'ineffabile Castello descritti dal grande saggio di Praga!
Cerchiamo di andare con ordine, senza farsi prendere troppo dall'emozione. Fino a ieri ero supplente di Matematica e Scienze presso una scuola media, insegnavo in I ed in III D. Oggi invece sono di nuovo a caccia di lavoro, essendo stato scalzato -del tutto legittimamente- da una nuova supplente.




A chi non è addentro alle questioni scolastiche potrà apparire strana una sostituzione in corsa di due supplenti. A costoro dovrei spiegare -e mi accingo a farlo- che per nominare un supplente una scuola ha a disposizione diverse graduatorie da cui pescare, esaurite le quali giunge all'immensa Graduatoria della Terza Fascia (da leggere con voce fantozziana), comprendente gli aspiranti insegnanti non abilitati. In pratica i sottoprecari della scuola. Ogni due-tre anni tale graduatoria va rinnovata, a carico degli interessati, di modo da permettere un certo ricambio. A giugno 2011 è scaduto il biennio, per cui fino al 26 agosto 2011 c'è stato tempo per rinnovarle (o presentarle da capo).
Come tutti sanno, però, a metà settembre aprono le scuole e può succedere che qualche insegnante non possa iniziare l'anno. Tuttavia, se le graduatorie nuove non sono ancora disponibili, le scuole devono convocare i supplenti con quelle vecchie, facendo firmare loro un contratto con la clausola: «fino all'arrivo dell'avente diritto»; il quale sarà sancito da una nuova chiamata, con le graduatorie aggiornate. Inutile dire che tra i firmatari di questo contratto c'era anche chi vi scrive, e posso solo farvi immaginare le difficoltà che si vengono a creare lavorando in classe in questo stato di sospensione.

Entrato a scuola mi affibbiano immediatamente il ruolo di coordinatore della I D, mentre mi si raccomanda la III D che quest'anno avrà l'esame. In I D, oltre ad una ragazza con sostegno, c'è un mare di problemi da risolvere sulle difficoltà di concentrazione del gruppo classe e sul passaggio dalle elementari alle medie. C'è ancora chi mi dà del tu e mi chiama maestro! In III D c'è solo un ragazzo con certificazione di dislessia, ma per il resto sono un gruppo di irrequieti preadolescenti, molto curiosi ma molto confusionari.
Entrare in aula è sempre un'emozione. Mi siedo. Piano piano inizio a scorrere i nomi dell'appello, soffermandomi sulla pronuncia e gli accenti di ogni singolo cognome, soprattutto se straniero. Due ragazzi di origine rumena, uno di origine egiziana, uno di origine inglese. Poi si comincia!
Da quando ho varcato quella soglia sono passati ormai due mesi. In questo tempo ho imparato a parlare coi ragazzi, ad ascoltare le loro prime, timide confidenze, a lavorare perché il loro metodo di studio diventasse sempre più affinato. Tutto con la spada di Damocle dell'aggiornamento delle graduatorie e l'estenuante attesa dell'avente diritto.
La settimana scorsa le graduatorie sono state rese finalmente definitive ed oggi sono state fatte le nuove convocazioni. In aula magna saremo stati 200 candidati. Il segretario inizia a snocciolare con voce neutra i nomi scritti in graduatoria. Io e la mia collega C., altra sottoprecaria con cui ho condiviso la cattedra, ci abbracciamo istintivamente come fossimo all'elezione di Miss Italia. Io conto i nomi che vengono chiamati, per capire a che posizione stiamo, ma perdo il conto quasi subito! Verso il 15° posto, ben prima di noi, la candidata è presente. Accetta.

Come spiegarvi la delusione? Come descrivervi l'urlo di illusione che mi hanno lanciato in prima quando mi hanno visto e hanno creduto che fosse per tutto l'anno? Come rendere a parole l'emozione che mi ha dato il loro abbraccio di addio e di consolazione? Come capacitarvi degli sguardi basiti e degli occhi lucidi che mi hanno regalato nella terza quando li ho salutati?
Con un candore da raggelare il sangue la nuova supplente ci ha confessato di aver già presentato richiesta per la sospensione dal servizio, per cui insegnerà quattro giorni, poi resterà a casa per tutto dicembre, occupando ugualmente il posto. Io e C. (anche lei scalzata da questa supplente) mentre lei parlava ci guardavamo impotenti, con gli occhi lucidi e tanta rabbia dentro.
In due mesi, da supplenti, abbiamo svolto il nostro lavoro al meglio di quanto potessimo fare, pur accorgendoci di star lavorando col freno a mano tirato. Dopo essere stati licenziati siamo rimasti a scuola per altre due ore solo perché dovevamo parlare con i genitori dei ragazzi. L'altra supplente non si è quasi palesata ai colloqui. Ad ogni genitore che ci chiedeva se almeno questa docente sarebbe rimasta per tutto l'anno, abbiamo mentito col cuore in gola dicendo: «non so, dipende da tanti fattori, ma sono sicuro di sì».
La continuità didattica è un'esigenza profonda, che una graduatoria non può spiegare. Io non so come si possa accettare una supplenza a scuola sapendo già che non la si potrà portare avanti. È da irresponsabili. Ma purtroppo non ci si può far niente.
Forse non dovrei prendermela così a cuore, ma è meno semplice di quanto sembri. Fare l'insegnante non è solo -come mi è stato detto- essere pagati con stipendio pieno per sole diciotto ore settimanali.
Fare bene l'insegnante significa portarsi a casa i volti dei propri studenti, significa entrare in empatia con loro, assumersi la responsabilità del proprio compito educativo. Significa avere la consapevolezza che seppure il tuo compito si esaurirà tra un mese, tu resterai con loro per i prossimi anni, per cui occorre pesare ogni parola, ogni gesto, ogni riflessione. Significa, in un certo senso, che nel tuo lavoro stai mettendo in gioco anche te stesso e la tua vita privata.

«E che cos'era, in fondo, questa sua vita privata? Mai K. aveva visto il suo servizio e la sua vita così strettamente intrecciati, tanto che a volte gli pareva proprio che il servizio e la vita si fossero scambiate le parti».

5 commenti:

  1. RESISTERE RESISTERE RESISTERE.

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  2. Proprio poco prima di aprire la mia posta elettronica pensavo a te e C. perchè mi è rimasta negli occhi e nel cuore l'immagine di voi che andate via. E non solo nel mio cuore, perchè tanti colleghi a scuola hanno espresso il loro sconcerto nel sapere che non è toccata a voi... Quegli anni (10) in cui sono stata supplente hanno lasciato un segno profondo nella mia vita, per cui sono stata riproiettata ad allora ed alla condizione psicologica che si creava in me... Non solo i ragazzi che desideravano che rimanessi con loro, ma l'incertezza del domani e la fatica nell'andare avanti con stipendi che non si sapeva mai quando arrivavano... Ebbene, oggi è stato grande lo sconcerto nel verificare qualcosa che mi pareva di intuire: sono passati più di 30 anni, tanto che fra poco DOVREI andare in pensione( fra 4 ne faccio 40 di servizio) e la situazione non è cambiata di una virgola!!! Addirittura il top si raggiunse alla mia entrata in ruolo: entri su territorio italiano, cioè a PREMANA,sulle Alpi...
    Conclusione: sono comunque sopravvissuta e questo, per fortuna, succederà anche a te. Unica cosa per poter sopravvivere e da non dimenticare : non ti scoraggiare mai!
    Con tanto affetto
    Anna

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  3. secondo me non è vero che dovresti prendertela meno a cuore, anzi devi continuare a prendertela a cuore perchè, credo, il punto di pertenza del lavoro educativo è questo: è prendersi a cuore le persone con cui lavori
    Poi è vero che è questo che ti frega; ti frega che, se fai bene il tuo lavoro, un ragazzo non è uguale a un altro; ti frega che ti ci affezioni, che impari a conoscerli uno per uno e che a questo punto, quando li hai conosciuti, capiti, ascoltati, hai lavorato con loro e magari ti ci sei arrabbiato non sono più "intercambiabili" e inevitabilemte il momento del distacco fa un po' male, soprattutto se sai che subiranno le assurdità di un meccanismo avulso delle esigenze di ciò che fa funzionare...ma forse pure questo è uno dei prezzi da pagare per noi che abbiamo scelto di fare ciò che amiamo (e di amare ciò che facciamo)
    Però ti rimane la consapevolezza di avere dato loro tutto quello che potevi, ti rimangono i loro occhi lucidi che ti dicono che sei stato significativo (nel senso che hai dato significato allo stare con loro)e che hai lasciato il segno, un bel segno e a loro avrai lasciato l'essere stato un buon educatore, anche se per un tempo breve...
    Le consapevolezze di cui sopra, le emozioni che ti da quell'abbraccio sono ciò che rendono, secondo me, questo lavoro bello come pochi (ma mi sa che sono di parte nell'affermarlo..)
    Per il resto condivido l'amarezza e le tue considerazioni

    Ste

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  4. Il 26 settembre ho accettato l'incarico di suppleza prendendo "solo" la IID ... avevo scelto una sola classe per limitare il numero di ore visto che con due bambini piccoli e un altro impegno (ovviamente sempre precario) temevo di non poter garantire un "servizio" di qualità. Ho trovato una classe molto vivace e molto eterogenea: alcuni ragazzi hanno dimostrato da subito una marcia in più, altri purtroppo hanno risentito drasticamente delle vicende trascorse trascinandosi grossi lacune dall’anno precedente ... altri ancora devono fare i conti con le loro emozioni che non riescono ancora a governare, forse per timidezza o per insicurezza ... per il timore di non essere all'altezza delle aspettative degli altri.
    Sono entrata in classe lasciandogli intendere di essere una "strega" un "misto di cattiveria e di acidità", niente calcolatrice, niente aiutini ... solo la tua capacità di ragionamento, perché la "prof" di matematica è così!
    In realtà, non credo che lo abbiano mai creduto: c'era il momento della battuta, dello scherzo ... sempre nel rispetto della persona.
    Poi è arrivata la convocazione per le nuove graduatorie ... l'attesa ... l'abbraccio con D. e una voce che interrompe il segretario mentre snocciola i nomi della graduatoria: ACCETTO la cattedra di 18 ore.
    Il gelo.
    Non ho avuto un attimo di esitazione, sono salita di corsa per le scale e sono andata dai miei ragazzi: non potevo lasciare che entrasse in classe la nuova supplente senza salutarli, senza dire loro che purtroppo per l'ennesima volta avrebbero cambiato insegnante, senza rassicurarli che, comunque, sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero cambiato, senza di re loro che con la morte nel cuore dovevo dirgli addio e lasciare il posto.
    Ho aperto la porta ... c'era la collega di musica: mi ha guardato in faccia ed ha capito ... ha provato a darmi tempo per farmi "riprendere" ma l'emozione ha prevalso. Con un nodo in gola ho spiegato ai ragazzi che all'ora successiva non sarei entrata in classe ma sarebbe arrivata un'altra insegnante, che dovevano accoglierla bene perché LEI sarebbe stata la loro nuova e definitiva Professoressa di matematica. Forse per protagonismo, per non essere dimenticata, per dire loro che il tempo passato insieme era stato importante per entrambe, mi sono raccomandata di non perdere tutto il lavoro fatto insieme fino a quel momento.
    Un'ora dopo, mentre aspettavo l'orario di ricevimento genitori, con aria candida LEI dice a me e D. che prenderà l'aspettativa e si permette anche di sindacare sulla nostra posizione in graduatoria: pensavo che foste più su!
    Che cosa voleva dire?
    Non bastava la delusione di essere stati rimpiazzati come un paio di calzini vecchi ... non bastava sentirsi logorare lo spirito per aver perso 25 ragazzi che con fatica (da parte di entrambe le parti) avevano iniziato a fidarsi di te ... Evidentemente tutto ciò non era ancora abbastanza. La ciliegina sulla torta è stato il constatare la totale insensibilità e noncuranza della situazione da parte di LEI che, a pieno diritto, ci comunicava di volersi mettere in aspettativa.
    Ma perché non lo ha fatto subito? Perché non lo ha fatto contestualmente alla chiamata? Perché aspettare “qualche giorno” e far perdere altro tempo prezioso a dei ragazzi che ce la stanno mettendo tutta per recuperare quanto perso?
    E poi l’abbraccio dei colleghi, delle collaboratrici, della Preside.
    Grazie a tutte per l’affetto, la stima e per avermi fatto sentire accolta. C.

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  5. carissimo,
    leggo oggi il tuo post e i commenti al seguito. Un turbine di emozioni, che si allargano a cerchi concentrici da una centrale che potrei definire PASSIONE: da questo, attesa e ansia, delusione e rabbia, dispiacere e nostalgia... sensazioni dolorose, ma che esprimono qualcosa di fondamentale: il tuo passaggio in quelle classi ha costruito relazioni... non è scontato. Tu, la tua collega C., gli alunni, gli altri colleghi vi siete conosciuti, stimati, affezionati, avete comunicato e lavorato insieme... non è poco! tutto questo restituisce alla scuola e alle vostre vicende umane e professionali SIGNIFICATO: bravi, bravi, siete stati bravi, e la sofferenza che avete sentito ed espresso tutti è direttamente proporzionale alla validitò della esperienza umana e didattica che avete vissuto!
    continuate così, non mollate mai, le relazioni autentiche portano con sè anche sofferenza, ma è una sofferenza di vita, come quella del parto, non si può eliminare e rappresenta, come dicevo sopra, l'intensità del significato.
    Un suggerimento: la prossima volta che i genitori vi chiederanno se la nuova supplente rimarrà, rispondete: non lo so, chiedetelo a lei. A ognuno il suo, non ti pare?
    un abbraccio forte (e tutta la mia stima!).
    monna lisa

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