«A
professo', ma a me che me serve 'a storia dell'arte?» Mi
chiedeva l'anno scorso una studentessa che di terza media. Difficile
far comprendere la bellezza della bellezza ad una persona
abituata a passare i pomeriggi tra la piccola piazzetta ed il grande
centro commerciale. Persone per cui piazza di Spagna è quella «'ndo
sta er Mec (Mc Donald's)» e via del Corso è quella dei grandi
marchi globalizzati. Eppure, tra tutte le città d'Italia, Roma,
quella da cui scrivo, dovrebbe essere la più sensibile alla
valorizzazione dell'arte ed allo sviluppo di una cultura della
cultura.
Non
è assurdo che nel paese che ospita il maggior numero di siti
riconosciuti dall'UNESCO (distribuiti tra Italia,
Santa Sede e San Marino), in uno dei paesi a
maggior concentrazione di opere d'arte per chilometro quadrato, in un
paese in cui non si riesce a fare uno scavo senza incappare in un
opus reticulatum o nel tracciato antico di una qualche via
consolare, si sia bandita dall'insegnamento scolastico proprio la
storia dell'arte?
Per
fortuna c'è chi si sta mobilitando tra quei silenziosi lavoratori
che custodiscono i nostri tesori e le informazioni ad essi collegate,
gli storici dell'arte e gli archivisti. Ma la lotta è ancora
lunga, e non può non procedere su un doppio livello: nazionale e
locale.
Vivo
in un quartiere piuttosto periferico, che solo trent'anni fa era
ancora borgata. Adesso è denso e popoloso, a cavallo tra due
grandi vie di comunicazione, Nomentana e Tiburtina. Nel tempo abbiamo
visto sorgere molti servizi economici, ma pochi culturali Del resto
la zona è sempre stata abitata da gente tendenzialmente poco
sensibile a tali questioni. Intendiamoci, indietreggiando di venti,
trenta o quaranta anni, si incontra una borgata pasoliniana, in cui
la condizione di povertà economica e culturale non è mai stata
legata a quella crassa ignoranza ostentata dall'attuale classe medio
borghese che la abita! Al contrario, il nucleo storico del quartiere
(soprattutto nelle zone più popolari) si è sempre lasciato
coinvolgere dalle sparute attività culturali e politiche. La scarsa
sensibilità culturale è incentivata soprattutto dagli interessi
politici ed economici.
Peccato
perché il territorio è ricco sia da un punto di vista naturalistico
che culturale. Ospita un intreccio di tre parchi naturali, custodi di
un'ampia biodiversità e di preziosi reperti paleontologici, inoltre
nel quartiere sorge un castello rinascimentale (legato alla vicenda
storica della congiura de' Pazzi) e numerose costruzioni legate allo
sfruttamento agricolo dell'ormai scomparso agro romano. Tutto questo
patrimonio non si gestisce da solo, ma dovrebbe essere affidato ad
esperti, afferenti a poli culturali specializzati del territorio, che
possano lavorare in sinergia. Non è esattamente così. Alcune
strutture ci sono, ma sono lungi dal lavorare serenamente e in rete.
-
Villa Farinacci:
un'antica struttura che ospitava negli anni '90 un centro sociale
autogestito, riferimento per molti ragazzi del quartiere. Dopo
l'inevitabile sgombero, la struttura è stata restaurata e destinata
ad uso biblioteca. È pronta da almeno tre anni e non è mai stata
aperta.
- La Torre: uno dei casali del parco è stato
occupato dai ragazzi allontanati da Villa Farinacci. Grazie alle loro
attività culturali e sociali, il centro è diventato negli anni
punto di riferimento nel quartiere. Non esisterebbe senza l'iniziale
azione illegale e il successivo autofinanziamento.
- Cinema-teatro Gerini: la struttura è parte di un
possedimento lasciato in eredità dalla famiglia Gerini ai religiosi
Salesiani che gestiscono l'omonima scuola professionale. A causa di
diatribe sull'eredità, il locale (grande e ben costruito) giace
inutilizzato da anni, dopo una fervida attività. Al momento è
occupato da lavoratori dello spettacolo che nutrono la speranza di
liberarlo e restituirlo al territorio!
- Centro di Cultura Ecologica: si tratta di una
biblioteca attiva e funzionante, fulcro di numerose iniziative di
stampo naturalistico ed ambientale. Esiste da meno di dieci anni e
già deve lottare per la sopravvivenza, messa a repentaglio da
diverse azioni legali e politiche mirate alla sua chiusura da parte
del Comune , lo stesso che diede la concessione per il suo utilizzo!
- Casali nel parco di Aguzzano: bellissime ed antiche
strutture agricole, ora in stato di completo abbandono. Alcuni sono
stati affidati a cooperative ma sono inutilizzati. Uno di essi è
stato occupato e riesce ad essere un piccolo centro di aggregazione,
ma è ancora una realtà molto piccola.
-
Centro Visite della Riserva Naturale della Valle dell'Aniene: piccola struttura che gestisce
alcune limitate attività culturali legate al parco, soprattutto in
collaborazione con scuole. Si regge praticamente soltanto su
volontari.
-
Museoarcheologico e paleontologico di Casal de' Pazzi: piccolo museo, molto importante, aperto solo su appuntamento.
Realtà
piccole, scollegate, a volte non funzionanti, che devono arrangiarsi
autonomamente, spesso al limite della legalità, per promuovere
attività. Perché?
Un'amica
ha un banco di dolciumi nel mercato rionale. Essendo la struttura del
Comune, non può mettere mano al tetto, da cui piove acqua, ma il
Comune non ha i fondi per ristrutturare l'edificio. In altre parole,
se non fa nulla rischia la chiusura, se agisce autonomamente rischia
ugualmente la chiusura! Come si può vivere attivamente in un sistema
amministrato in questa maniera?
O
voi che leggete queste parole, indignatevi, informatevi, agite.
Difendete le strutture che offrono servizi al territorio,
spalleggiate i movimenti di protesta che nascono spontanei: sappiate
che dietro ogni iniziativa proposta, per quanto piccola, c'è
un'ardua battaglia che è andata a buon fine.
l'aspetto avvilente è che i problemi aumentano costantemente mentre gli enti pubblici sono sempre meno in grado di intervenire; l'aspetto positivo è che c'è una mobilitazione costante dei cittadini (per es. i comitati di quartiere) che spesso recuperano e rendono fruibili spazi abbandonati e/o fatiscenti...
RispondiEliminamonna lisa