Agosto
2005: sotto la pioggia battente di Città del Guatemala, attendiamo
di prendere l'ennesimo traballante pick-up, che ci porterà da una
parte all'altra della città. Sotto una tettoia ci viene incontro una
bambina coi capelli corvini, che ci guarda coi suoi intensi occhi di
brace. Scambiamo qualche parola in uno spagnolo stentato, quanto
basta per farci capire ed ingannare così l'attesa. È una bimba di
etnia maya, che padroneggia poco lo spagnolo, destreggiandosi molto
meglio nella sua lingua, per noi incomprensibile, di schiocchi e
suoni gutturali. Dopo poco ci chiede da dove veniamo. «Conosci
Roma?» le chiediamo; ci risponde con un dubbioso: «No!». Che
strano, abbiamo pensato, non avevamo mai incontrato una persona che
vivesse così lontana da non conoscere Roma. Forse eravamo davvero
"quasi alla fine del mondo"!
Diamo voce ai nostri "pensieri rampanti", come fossero frutti acerbi ancora appesi all'albero, in attesa di cadere.
venerdì 15 marzo 2013
venerdì 8 marzo 2013
Un piccolo gesto di gentilezza
Le
storie delle donne che sono in carcere sono mille, almeno dieci
differenti per ogni detenuta! Sono storie di donne "innocenti",
incastrate da qualche uomo violento e tiranno, il cui nome tengono
tuttavia tatuato sul dorso di una mano, sulla spalla, sul braccio.
Donne che sperano quasi di restare in carcere, per non dover
rientrare a casa, contese tra il padre e il marito, ma che allo
stesso tempo vogliono disperatamente ritornare al caldo abbraccio del
loro uomo. Donne povere, cariche di una complessità disarmante.
Donne forti e fragili allo stesso tempo. La giornata di oggi la
dedico a loro.
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